Ho incontrato all’Università degli Studi di Firenze, in qualità di Garante del Contribuente per la Regione Toscana, un’Aula Magna piena di giovani dell’ultimo anno della Scuola Media Superiore, per un incontro sul tema della legalità, che ha visto la partecipazione dell’Agenzia delle Entrate, della Guardia di Finanza e della Corte dei Conti.
Mentre preparavo il mio intervento nei giorni precedenti, mi sono domandato quale fosse, nel 2025, il significato che i giovani possono e devono dare alla parola legalità. È importante capire il significato della parola legalità per un giovane nato nel 2007, perché le parole hanno una grande importanza ancora oggi.
Per la mia generazione è stato più facile: noi siamo quelli che nel 1978, da bambini, abbiamo assistito in televisione al rapimento e all’omicidio del Presidente Aldo Moro; abbiamo assistito ai rapimenti dei figli degli imprenditori negli anni ’80, alcuni dei quali mai tornati a casa; abbiamo visto in televisione le bombe e le stragi del terrorismo e delle brigate rosse; l’anno della mia maturità, mentre studiavo, ho vissuto le stragi di Capaci e via D’Amelio con l’uccisione di due Magistrati, simbolo della lotta per la legalità.
Nel 2001, mentre studiavo per un esame all’Università, ho visto gli attentati alle Torri Gemelle di New York, e purtroppo molto altro. La mia generazione ha anche avuto la fortuna di conoscere uomini e donne che, in quegli anni non facili, hanno lottato per affermare principi, ancora oggi parte della nostra formazione.
Ma per un ragazzo o una ragazza nato nel 2007, che in quegli anni non era ancora nato?
È troppo facile e riduttivo definire la legalità il mero rispetto della legge o delle regole.
Questo lo impariamo sin da bambini a scuola. Ma oggi non è sufficiente. La legalità è e deve rappresentare qualcosa di molto più grande.
Per me la legalità oggi rappresenta la lotta contro ogni forma di ingiustizia sociale, culturale ed economica. La legalità deve portare all’abbattimento di ogni iniquità.
Del resto, che senso ha il rispetto delle regole se si creano disuguaglianze, iniquità sociali, se si preclude a molti l’accesso all’educazione, alle cure sanitarie, alla costruzione di una vita migliore di quella vissuta dai propri genitori o dalle generazioni precedenti?
Che senso ha una legalità non giusta?
L’art. 3 della Costituzione recita “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale”.
Può esserci dignità sociale senza legalità? No.
Ma può esserci legalità senza dignità sociale.
Al secondo comma l’art. 3 della Costituzione recita ancora: “ È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese ”.
Agli studenti in aula ho chiesto: ‘ Cosa rappresenta la Repubblica? Chi sono La Guardia di Finanza, L’Agenzia delle Entrate, La Corte dei Conti, lo Stato, il Parlamento, il Governo? ‘
La Repubblica siamo noi tutti.
E allora è nostro compito, non solo provare a rispettare le regole, ma cambiarle se sono ingiuste, se non sono più attuali o se non contribuiscono a favorire il raggiungimento della pari dignità.
Per fare questo, però, non basta essere i primi della classe: dobbiamo anche metterci in gioco e combattere qualsiasi forma di ingiustizia. Abbiamo bisogno di anticorpi e per questo, come diceva un artista milanese, “ democrazia è partecipazione ”.
Forza, ragazzi e ragazze, non abbiate paura: la Repubblica ha bisogno di voi e delle vostre idee, ora più che mai.
Alessandro Capocchi