Super League: un vero e proprio inferno Dantesco

Notizia da “first reaction shock” ora in prima pagina su tutte le testate giornalistiche e non solo. La Super League è il terremoto che ha più scosso il mondo del calcio negli ultimi anni…

La notizia della nascita della Super League ha scosso il mondo, letteralmente.

Tutti ormai sanno cos’hanno combinato, nel giro di pochissime ore, i presidenti dei dodici club più importanti e blasonati d’Europa, in particolare Florentino Perez, presidente del Real Madrid e Andrea Agnelli, presidente della Juventus, ideatori e rispettivamente designati come presidente e vice-presidente della nuova competizione calcistica europea che sarebbe dovuta partire dalla prossima stagione.

Ciò che però è avvenuto solamente nelle ventiquattro ore successive alla “dichiarazione d’indipendenza” dei dodici club ha avuto del clamoroso, in quanto, successivamente alle diverse critiche mosse da tifosi, istituzioni e personaggi del mondo del calcio, i presidenti delle squadre secessioniste hanno proclamato l’imminente scioglimento della nuova lega privata.

Per i pochi che non sono ancora a conoscenza della struttura e dell’organizzazione, la Super League avrebbe visto scontrarsi venti squadre, di cui quindici ospiti fisse, senza nessun criterio di merito per l’accesso e cinque club invitati stagionalmente.

Pochi minuti dopo la notizia bomba della nascita della competizione i tifosi di tutto il mondo si sono divisi in due fazioni: coloro che erano fermamente convinti che questa sarebbe stata la deriva del calcio, la morte dello sport più seguito al mondo e coloro che invece vedevano nella Super League una grande opportunità di cambiamento e innovazione. I primi, fin dall’inizio, sono stati sempre in netta supremazia e in effetti basta leggere i commenti sotto i post delle tantissime pagine social dei club sportivi, delle organizzazioni calcistiche (UEFA, FIFA, FIGC…) ma anche e soprattutto di pagine seguite dai fans di tutto il mondo come 433, per accorgersi di quanti abbiano accolto l’iniziativa del nuovo hashtag: #NOTOSUPERLEAGUE.

I cambiamenti fanno sempre molto rumore, soprattutto se coinvolgono milioni di appassionati e muovono talmente tanti miliardi da far scomodare leader mondiali come Mario Draghi, Boris Johnson ed Emmanuel Macron, tra l’altro del tutto contrari alla competizione.

La contestazione principale, rivolta contro la Super League, è stata la totale assenza di meritocrazia per accedervi, che di fatto avrebbe sbattuto le porte in faccia a tutti quei club che ogni anno vivono il sogno di confrontarsi contro le rose più forti del pianeta e, perché no, ambire alla vittoria dell’attuale competizione europea più importante: la Champions League.

In effetti la Super League sarebbe diventata un campionato d’élite, non avrebbe lasciato spazio a troppe favole, si sarebbe persa parte di quella magia che gravita intorno al calcio, per la quale la palla è rotonda e le partite iniziano tutte da 0-0, in sintesi: potenzialmente tutti possono vincere contro tutti.

Lo sport in generale è fatto anche di questo, non sempre vince il più forte e quando Davide mette ko Golia è qualcosa di straordinario, spesso manda in visibilio gli appassionati. Negli ultimi anni abbiamo assistito a vittorie che assomigliano tanto a vere e proprie imprese: tra tutte ricordiamo la vittoria della Champions League del Porto nel 2004 e la favola del Leicester in Premier League nel 2016.

Va però fatta una riflessione. Anzi, forse qualcuna in più.

UEFA, FIFA E LA NOVITA’ DELLA MORALE

La posizione presa fin da subito dalla UEFA e FIFA, per la quale il calcio spetta a tutti e non può essere solo business è legittima, fa però parecchio sorridere. Non è senz’altro una novità che il calcio è un’enorme azienda che fattura miliardi di euro ogni anno. Non è una novità che nel calcio chi comanda sono coloro che possono permettersi più investimenti. Senza dubbio è invece un grande novità che le due società più importanti al mondo nella gestione e organizzazione calcistica fondano le proprie tesi su aspetti morali e ideologici talvolta condannando quelli economici. UEFA e FIFA sono due società a scopo di lucro che per anni hanno fatto i loro interessi (com’è giusto che sia), purtroppo sfociati anche in alcuni scandali. Sicuramente rifugiarsi nella (ora più che mai) conveniente morale lascia un po’ di amaro in bocca.

Certo, non sarebbe stato per nulla semplice rimediare all’enorme danno economico derivante dall’uscita di scena dei club più importanti al mondo dalle due organizzazioni, se però è successo ciò che è successo qualche errore è stato commesso.

Il business è business.

L’EFFETTO COVID

Il covid ha distrutto l’equilibrio economico mondiale già di per sé instabile e il calcio è stato uno di quei settori che più ne ha risentito, in quanto molti dei ricavi delle società calcistiche derivano dalla vendita di biglietti e abbonamenti, completamente bloccati a causa della chiusura degli stadi.

Lo stesso Florentino Perez ha ammesso che il Real Madrid ha avuto perdite per 400 milioni in soli due anni.

Qualcosa andava fatto e se lo scossone, soprattutto in termini economici, tardava ad arrivare dalle sedi centrali della UEFA, ci hanno pensato i presidenti e amministratori delegati delle società a cercare di “tenere in piedi la baracca”.

IL RUOLO DEI CALCIATORI E ALLENATORI

Nelle ultime ore sono stati in molti a schierarsi contro la Super League, in particolare calciatori e allenatori. Per molti di loro vale un ragionamento simile a quello fatto per UEFA e FIFA: nessuno si è mai indignato per gli stipendi esorbitanti del mondo del calcio, per quale motivo ora si dovrebbe parlare di morale?

Quello che è certo è la voce in capitolo che comunque hanno avuto i professionisti, alcuni dei quali, in particolare dopo le parole della UEFA e della FIFA per cui i calciatori tesserati con i club della Super League non avrebbero potuto partecipare né ai mondiali né agli europei, hanno deciso di schierarsi pubblicamente contro la nuova “coppa dei ricchi”. Considerando che, come avviene in qualsiasi azienda nel mondo, la differenza a livello competitivo la fanno le risorse umane, le parole e i comportamenti dei tecnici e giocatori hanno sicuramente giocato un ruolo fondamentale nella decisione finale di abbandonare il progetto Super League da parte dei club.

Il calcio ci ha abituati a dibatti pubblici molto feroci, soprattutto in Italia, dove lo consideriamo una vera e propria religione. Ma questa volta è tutto diverso. Questa volta, con il tema Super League, si va di molto oltre le mere chiacchere da bar calcistiche. Il tema è molto più grande.

Stiamo toccando tutti con mano quello che sta avvenendo in qualsiasi ambito socio-economico mondiale: la compressione e concentrazione della ricchezza, portata all’estremo, senza la possibilità di combatterla.

Ciò che fortemente contesto a tutti coloro che si sono schierati contro la Super League non riguarda la competizione in senso stretto, bensì riguarda la capacità d’indignazione e la coerenza.

Come riportato sopra non riesco a sentire la UEFA parlare di morale. Non riesco a tollerare la falsa indignazione di alcuni super-campioni contro un sistema basato sulla ricchezza e al contempo non spendere nemmeno una parola sui super contratti da loro stessi siglati. Non riesco neppure ad accettare il disgusto da parte dei tifosi: le diseguaglianze e la mancanza di pari opportunità sono alla luce del sole quotidianamente, soprattutto nel mondo del calcio. Nessuno è mai sceso in piazza per gli stipendi da 30 milioni. Nessuno si è schierato contro il presidente della propria squadra del cuore quando, pur di comprare il giocatore più forte in circolazione, ha speso 200 milioni. Nessuno si è mai lamentato di nulla!

Io da super tifoso ed appassionato di calcio ho deciso di non schierarmi, non sono nella condizione per farlo.

Ho deciso di essere un ignavo.

So perfettamente di correre il rischio di restare nell’antinferno, ma la sorte degli avidi e degli ipocriti è molto probabilmente peggiore: IV e VIII cerchio dell’inferno.

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