Per la nostra rubrica dedicata ai racconti degli imprenditori, abbiamo intervistato Giovanni Azrak, socio e Business Analyst di CISME Italy azienda che opera con successo dal 1987 nell’industria chimica. Lo abbiamo incontrato “a distanza” lo scorso 27 Aprile, di seguito vi condivido la nostra conversazione.
Ciao Giovanni, felice di averti virtualmente qui. Iniziamo raccontando qualcosa di te: di cosa ti occupi?
Ciao Francesco, grazie dell’invito. Professionalmente ho lavorato per alcuni anni nel Fintech e nel mondo startup tra Milano e Londra. Da 2 anni lavoro come Business Analyst per CISME, società specializzata in semi-lavorati per l’industria chimica in particolare nel personal care e nella detergenza.
Posso identificare 3 macro attività nel mio lavoro:
- Scovare opportunità e minacce per la mia azienda parlando con colleghi e partner esterni.
- Raccogliere feedback da chi ne sa più di me per sviluppare una visione chiara.
- Ideare, condividere e mettere in atto strategie finalizzate all’exploit delle opportunità e alla mitigazione delle minacce.
È un lavoro stimolante, faticoso ma estremamente gratificante, almeno per me.
Osservando il settore in cui operate con CISME, hai riscontrato dei cambiamenti rilevanti? Sappiamo dalle principali fonti di informazione che diverse industrie in Italia stanno attraversando un momento difficile; cosa sta succedendo nel chimico industriale?
Nel mercato si vede tanta incertezza. C’è paura per il futuro e questo ha portato ad una regressione delle preferenze dei consumatori e di conseguenza dei nostri clienti. La domanda per i prodotti più sofisticati, ad alto valore aggiunto, ha subito una contrazione mentre c’è stato un aumento di domanda per i prodotti di base. Il termine tanto in voga “economia di guerra” credo sia un’iperbole adatta a definire lo status quo.
Come prodotti base immagino tu intenda i prodotti fondamentali per l’igiene personale e la disinfezione.
Si, assolutamente. I prodotti direttamente impiegati per prevenire il virus, come i gel per le mani, hanno subito un picco di domanda con conseguente shortage di gel factors e alcool. Il nostro laboratorio è impegnato proprio in questo istante nella messa a punto di un nuovo formulato realizzato con elementi di base alternativi e maggiormente disponibili – Giovanni inquadra con la camera il laboratorio, è sera e non c’è nessuno ma si nota piuttosto chiaramente che vi si sta lavorando quotidianamente – stiamo cercando di portarlo sul mercato nel minor tempo possibile perché in questo momento potrebbe veramente essere d’aiuto.
Vedo che tu sei in ufficio e non mi sembra sia completamente chiuso. Vuol dire che riuscite a restare aperti ed a lavorare? Come siete riusciti a restare operativi? Eravate già pronti a questa modalità di lavoro?
In sede ormai non viene quasi più nessuno, i dipendenti lavorano da casa. E per quanto riguarda lo smart working… Sfatiamo un mito: un PC collegato via VPN a un client in ufficio non è smart working come del colore su una tela non è un dipinto. Chi si è trovato a dover lavorare da remoto per la prima volta con questa crisi si è scontrato con forti difficoltà.
Ma a quanto pare voi ci state riuscendo giusto? Quale consiglio potresti dare ad altre PMI che si trovano in una situazione similare?
Dare un consiglio è difficile: Bisognerebbe fare le cose difficili quando sono facili, e iniziare le grandi cose quando sono piccole.
Ora l’unica cosa che mi sento di consigliare è quella di prendersi 5 minuti ogni ora lavorata per domandarsi cosa, di quello che si è fatto, può essere fatto in modo diverso per essere più efficaci in un contesto di smart working. Il rischio, infatti, è che, portando in remoto i processi aziendali studiati per lavorare in office, si generino enormi inefficienze.
Poi Fra, tu mi conosci, sono innamorato di tecnologia e automazione ma non dobbiamo dimenticare che questi sono strumenti per accogliere più efficacemente il cambiamento ma l’obbiettivo è adattarsi, non avere la migliore tecnologia.
Il macellaio sotto casa mia, uomo di una certa età le cui competenze IT si fermano all’uso, e qui lo cito a “questo coso qua”, ha iniziato a fare consegne a domicilio e ha talmente tanti ordini che non sa più come soddisfarli. Il mio macellaio si è adattato meglio di quanto alcune società del nostro settore abbiano fatto.
Bisogna tenere bene a mente che ci troviamo in una situazione in cui cambiare è difficile ma non farlo è fatale.
Grazie mille Giovanni per averci concesso questo tuo interessante punto di vista. Ti auguro il meglio per la tua attività e sono sicuro che quello che ci hai raccontato potrà essere di ispirazione per altri imprenditori.
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