Studiamo le misure di Invitalia: Smart&Start

Questa non vuole essere una guida esaustiva o completa delle misure già egregiamente spiegate sui canali ufficiali Invitalia, si tratta di una serie di riflessioni sulle misure al fine di comprendere insieme il punto di vista dell’agenzia sul mercato della nuova imprenditoria. Insomma, se la regola d’oro per un venditore di successo è conoscere il potenziale acquirente, per chi è a caccia di fondi potrebbe essere utile cercare di comprendere chi li eroga. Se siete una startup, un’aspirante tale o comunque avete intenzione di mettervi in gioco in un nuovo intraprendente progetto, c’è di sicuro una misura adatta per voi nel ventaglio dell’offerta Invitalia. Oggi in questo pezzo lo dedichiamo a Smart&Start.

Iniziamo subito con estrema chiarezza: Smart&Start è solo per startup innovative ergo, se non avete intenzione di inserire il vostro progetto in quella speciale sezione del registro imprese, chiudete pure l’articolo e prometto di non offendermi. 

D’altro canto, se pensate che basti essere una startup innovativa e avere tanti fantastici progetti su come la vostra tecnologia salverà il mondo ma nessuna voglia di spiegarlo, lasciate perdere. La documentazione per aggiudicarsi il finanziamento previsto dalla misura è abbastanza lunga e complessa. Nel suo complesso possiamo definirla equiparabile ad un business plan scomposto ed articolato con domande mirate preparate proprio per testare l’idea di business candidata. Per essere realisti, ci vogliono almeno un paio di settimane – partendo da zero – per mettere insieme la documentazione e per trattarla in modo convincente ci vuole studio e un po’ di esperienza. Ovviamente l’Italia è piena di consulenti che promettono di fare tutto il lavoro al posto vostro in cambio di una percentuale sul finanziamento – la cosiddetta success fee – diffidate sempre perché quelli capaci sono pochi e per riconoscerli dovrete studiare voi per primi tutto il materiale. 

Adesso che abbiamo fatto fuori i non innovatori e i pigri, passiamo alla parte succulenta della questione: il finanziamento. Può variare da 100.000 fino ad un milione e mezzo di euro e assume la forma di un prestito a tasso zero senza necessità di garanzia che copre l’80% delle spese ammissibili – dopo ne parliamo – o il 90% in caso di startup costituite interamente da donne o giovani di età inferiore ai 36 anni (se avete 35 anni, sbrigatevi). Al finanziamento si aggiunge una quota a fondo perduto del 30% per le iniziative con sede in una regione del Sud o facente parte dei comuni inclusi nel Cratere sismico del Centro Italia. 

Cosa possiamo farci con tutti questi soldi? Ci sono appunto delle spese ammissibili che, rispetto ad altri bandi, racchiudono uno spettro molto ampio. Comprendono infatti quasi ogni genere di spesa come, ad esempio, lo stipendio per il personale dipendente e collaboratori esterni. Insomma, con questo finanziamento di fatto l’impresa può nascere, crescere e correre (da un investitore). 

Ora che abbiamo più o meno chiaro di come si articola questa misura – per ulteriori info link in fondo – proviamo a comprendere il punto di vista di Invitalia rispetto ai progetti presentati in modo da incrementare le nostre chance di successo.

La misura è inserita in un contesto chiaro di avvio della realtà imprenditoriale e si carica sulle spalle i costi relativi ai primi 24 mesi (limite massimo per la spesa del capitale riconosciuto) però è altrettanto comprensibile come queste realtà, impegnate nello sviluppare qualcosa di rivoluzionario, non saranno mai pronte ad esercitare l’autofinanziamento attraverso i propri ricavi dopo due soli anni di attività. I costi per la ricerca e sviluppo difficilmente si fermeranno con i primi due anni se si vuole continuare a cavalcare l’onda e, per prodotti veramente innovativi, il mercato solitamente non è pronto. La startup deve dunque impegnarsi, prima che nel cercare clienti, a trovare investitori e questa ricerca continuerà fino a quando non verranno prodotti i primi veri utili. Una startup vive in una condizione di perenne precarietà, fa parte del gioco: se si vuole competere con le multinazionali bisogna essere veloci, precisi e spregiudicati; tutte doti che senza un finanziamento coerente non si riesce ad esprimere. Smart&Start è chiaramente un banco di prova importante strutturato per aiutare le startup ad incanalarsi presso i percorsi tipici di questa fattispecie di impresa. Una vera e propria prova di maturità per progetti ancora in fasce. 

Per comprendere meglio questo basta dare un’occhiata alle c.d. premialità che fanno scaturire un bonus nel punteggio delle domande. La prima di queste scatta nel caso in cui siano previste da progetto collaborazioni con acceleratori d’impresa, incubatori e innovation hub. Si tratta di enti convenzionati che hanno proprio lo scopo di accompagnare l’impresa verso la crescita esponenziale canonica delle startup figlie della miglior Silicon Valley. Un’altra premialità la si può ottenere esibendo un accordo di investimento con un investitore qualificato appunto perché in questo modo la startup ha più chances di successo e, se non altro, una vita più lunga davanti.

È giusto ricordare che il finanziamento a tasso zero va restituito con modalità ideate in modo tale da non costituire un problema per una startup che abbia trovato un investitore o che abbia precocemente fatto il suo ingresso trionfale sul mercato. Nel caso in cui queste due condizioni non dovessero verificarsi, sarebbe fallimento, un fallimento più soft visto che il prestito è stato garantito dallo stato. La restituzione parte dal dodicesimo mese successivo all’ultima quota di finanziamento ricevuto ed è previsto su un piano decennale. 

Per concludere, a mio parere, si tratta di una misura ben studiata per introdurre, anche da un punto di vista educativo, gli innovatori nel magico mondo delle startup innovative spinte a  sviluppare tecnologie disruptive mai viste. Si tratta di una prova da superare su più livelli e di una presa di responsabilità personale verso un’organo statale che non punisce i fallimenti e premia quelli che reputa più adatti a sopravvivere in un mondo di Venture Capitalist ed Angel Investor inseguendo il sogno Silicon Valley.

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