A bright comet with large dust and gas trails as the comets orbit brings it close to the Sun. Illustration.

Siamo pronti per cambiare? Riconquistare il tempo e la tecnologia: le sfide del futuro.

La velocità delle nostre vite e l’incessante sviluppo tecnologico stanno cambiando il nostro presente e ci chiedono di essere visti: sta a noi scegliere che mondo vogliamo creare per condurre il futuro.

Nelle scorse settimane mi sono imbattuto in due letture particolarmente significative: la prima è il libro IBRIDOCENE, scritto da Paolo Iabichino (esperto del mondo della comunicazione in senso lato). La seconda è un paper redatto dall’associazione Visionary (gruppo di giovani visionari che provano a prendere parte al futuro) in occasione del VisionaryDays, evento organizzato annualmente dagli stessi che connette migliaia di giovani da tutta Italia). Questi testi (e non solo) mi hanno fatto riflettere molto sulle grandi sfide del nostro presente e del nostro futuro, sulla direzione che stiamo prendendo come società e quanto questa sia sostenibile.

La tecnologia sta cambiando il mondo e lo cambierà ancora

Il mondo sta cambiando in maniera inequivocabile e sotto tantissimi punti di vista. Uno tra tutti è sicuramente quello tecnologico: lo sviluppo della tecnologia negli ultimi anni ha radicalmente cambiato il mondo e continuerà a farlo se pensiamo a ciò che ci attende: sarà importantissimo il ruolo giocato dalle Intelligenze artificiali (AI), così come quello dell’Internet of Things (IoT) che farà sempre più parte della nostra vita quotidiana, o come quello della realtà aumentata e della realtà virtuale, fino ad arrivare a tecnologie che saranno in grado di assomigliare sempre più agli esseri umani, imitandone le modalità di apprendimento e di approccio. Tutto questo modificherà profondamente il nostro futuro e aprirà moltissimi scenari di innovazione di cui non possiamo nemmeno immaginare l’impatto: grazie alla tecnologia avremo nuovi prodotti e servizi, ma anche “nuovi modi di fare le cose” che rappresenteranno cambiamenti strutturali in tantissimi settori, nuove esigenze e bisogni, oltre che una nuova cultura.

Su questo si concentra in modo particolare Paolo Iabichino raccontando una delle tante eredità che lo sviluppo tecnologico, e in modo particolare l’avvento di internet, ci hanno lasciato: una vera e propria società ibrida costituita da un habitat misto tra il reale e il digitale. Questa coesistenza di mondi non è solo una convivenza di due realtà distinte che prescindono l’un l’altra, bensì due aspetti che si uniscono e che si fondono appunto in un mondo unico e costituito da entrambe queste parti, il PHYGITAL.  Il mondo digitale diventa dunque un orizzonte di possibilità per quello fisico, rappresentando di più che una sua semplice estensione: con le sue logiche e  i suoi algoritmi, contribuisce a definire chi siamo e ha dunque un forte impatto sulla nostra vita reale.

Questa nuova era necessita un nuovo paradigma per poter essere vissuta, così come  un nuovo rapporto con la tecnologia, che ci ponga nelle condizioni di gestire la sua continua evoluzione e i grandi cambiamenti che ne deriveranno senza esserne vittime.

“Siamo consumatori compulsivi del tempo”

La tecnologia ci ha reso sempre più connessi e ha velocizzato indubbiamente il nostro modo di vivere, anche se la velocità del nostro mondo è un’eredità della storia della nostra società: nata e sviluppatasi in primis con l’avvento del capitalismo e successivamente con il consumismo si è poi consolidata culturalmente come “prassi”.  Oggi la velocità della nostra vita è ulteriormente enfatizzata ed estremizzata dall’avvento delle tecnologie: dobbiamo infatti essere sempre e costantemente veloci, iperconnessi, avere sempre ben chiaro cosa vogliamo, perché facciamo quello che facciamo e soprattutto cosa vogliamo ottenere dal futuro e dove stiamo andando.

Il dubbio non è consentito ed è percepito come sinonimo di “mancanza di interessi, qualità o volontà”, solo perché non incessantemente dimostrate o paventate con la velocità intrinseca del presente in cui viviamo. “ci viene fatta percepire la colpa di essere in estremo ritardo”, “ci sentiamo sopraffatti dalla paura del futuro”. Più di tutti sulla mia generazione (la generazione Zeta) ricade il peso del disagio strutturale che si genera con questa narrazione. Forse è anche e soprattutto a causa di questa logica inconscia, che ha permeato ogni angolo della nostra società (persino la scuola e l’università), che si registra un numero così alto di NEET e lo svilupparsi di ansia e spettri depressivi che sono ormai all’ordine del giorno.  Ci viene chiesto di essere estremamente produttivi, “sempre sul pezzo”, ma è così necessario? Possiamo permetterci l’idea di fallire? Forse è più importante coltivare quello che sentiamo di essere e di voler diventare?

Mi ha profondamente colpito la lucidità con cui Visionary tratta questo tema e di come  riconosca tra le priorità del nostro futuro il riappropriarsi di un rapporto sano con il tempo.

“Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno a lavorare su se stesso”

È chiaro che questi sono solo due dei tanti temi “cruciali” di cui possiamo parlare se osserviamo il presente e le nostre prospettive future, ma già nell’analizzare questi capiamo che il vero cambiamento deve avvenire dentro di noi, prima di tutto sul piano culturale mettendo in discussione i paradigmi d’azione a cui siamo abituati e successivamente sul piano pratico, costruendone di nuovi che rispondano alle nostre nuove esigenze.

Ha ancora senso tutta questa velocità? Può davvero trovare spazio l’idea di ridurre la settimana lavorativa e avere più tempo libero? Come ci occuperemo dei profondi gap che la società ha generato e che la pandemia ha alimentato (tecnologico, economico, sanitario)? Come rendere la mobilità sostenibile? Il sistema scolastico è adeguato alle nuove esigenze del mondo? Come utilizzare la tecnologia nel modo migliore?

Queste sono solo alcune delle domande che necessitano come risposta un cambiamento di paradigma e che rappresenteranno le vere sfide del nostro presente e del nostro futuro.

“Equilibrio come comune denominatore tra velocità e lentezza”

La lentezza deve essere un valore da riconquistare, intendendola come uno spazio nel quale riscoprire un rapporto con sè stessi e con l’essenza che ci rende speciali. Visionary spiega bene come a volte si compie l’errore di confondere la lentezza con la “mancanza di  obiettivi da raggiungere velocemente”, che invece deve essere concepita come spazio di qualità necessario per riconquistare un rapporto equilibrato con il tempo.

Come riusciremo a integrare queste convinzioni con i nostri ritmi di vita?

“Abbiamo bisogno di Empatia”

Infine la tecnologia necessità di un approccio profondamente “umano”. Tutte le innovazioni che ho citato all’inizio di questo articolo che sono già e che diventeranno sempre più una realtà necessitano di essere “guidate” da una coscienza umana che sappia cosa pretendere da esse e come utilizzarle al meglio.

Scongiurando la paura di “essere superati” o addirittura “colonizzati dalla tecnologia”, a tal proposito Paolo Iabichino spiega come per quanto intelligenti, i vari strumenti tecnologici non saranno mai in grado di sostituire l’uomo, la sua coscienza, la sua etica, la sua empatia. Per questa ragione l’accelerato sviluppo tecnologico ci chiede contemporaneamente uno “sviluppo umano” non indifferente e la creazione di una profonda coscienza individuale e collettiva che possa guidare il cambiamento.

Siamo pronti per questo passo? Cosa ci manca?

Che mondo vogliamo creare ?

Se c’è però una verità univoca e insindacabile a cui ci conducono tutti questi ragionamenti è  la “necessità di responsabilità”. Serve responsabilità nel riconoscere che le cose stanno cambiando e nel capire che possiamo fare la differenza con le nostre azioni e con gli stessi strumenti tecnologici con cui dobbiamo imparare a convivere. Forse più di tutte questa è una delle conquiste della mia generazione:  l’aver capito che ogni nostra azione ha un impatto su ciò che ci circonda.

Anche qui il libro IBRIDOCENE torna in aiuto spiegando come internet ci abbia abituato a questo senso di responsabilità. Un aspetto fondamentale della rete è infatti  la comunità: nel mondo online siamo tutti collegati, ma non solo come utilizzatori delle stesse piattaforme o  fruitori di contenuti, bensì come co-creatori e amplificatori del mondo online. Siamo noi che scriviamo, creiamo, condividiamo, diffondiamo. Questo fa capire l’infinita portata di internet, ma anche il peso della responsabilità che sta intorno a noi e che assumiamo costantemente. Questo non ci rende solo responsabili, ma anche consapevoli che possiamo essere agenti di cambiamento e dunque concorrere a modificare quegli equilibri che riteniamo inadatti.

Ecco che allora la vera sfida di oggi e del futuro  sarà accettare il cambiamento e provare a condurlo, come ci raccontano anche due acclamati successi Netflix: The social dilemma e Don’t look up. Il primo mostra il lato oscuro dei social network spiegando però come possiamo pretendere che queste tecnologie siano usate in modo etico, ricordandoci come detto prima che la differenza la possiamo fare noi lavorando su noi stessi; l’altro ci mostra cosa succederà se sceglieremo di rimanere indifferenti rispetto a questo e ai tanti cambiamenti che inequivocabilmente stanno cambiando il mondo e che ci chiedono di essere visti: la cometa si schianterà sulla terra travolgendoci senza via di scampo.

LINK PER APPROFONDIRE:

 Visionary:  https://www.visionarydays.com/manifesto/

Ibridocene: https://www.hoepli.it/libro/ibridocene/9788836005406.html

Le 20 innovazioni che hanno cambiato il mondo: https://www.am.pictet/it/blog/articoli/tecnologia-e-innovazione/le-20-innovazioni-che-hanno-cambiato-il-mondo-negli-ultimi-20-anni

Trailer don’t look up: https://www.youtube.com/watch?v=DhYXSqz8H-o

Leonardo Di Caprio spiega Don’t look up https://youtu.be/sm2u3knkntw

Trailer the social dilemma: https://www.youtube.com/watch?v=uaaC57tcci0

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