L’ospite di questa intervista de L’imprenditoriale è Giovanna Iannantuoni: economista e Rettrice dell’Università degli studi Milano-Bicocca.
In questa chiacchierata abbiamo affrontato da temi personali, come le ragioni che l’hanno spinta ad assumersi la responsabilità di rettrice, a temi più attuali e legati al proprio ruolo, come l’impegno nella ricerca e nell’innovazione o il tema delle differenze di genere.
Partendo da una ricerca che deve essere sempre più innovativa e costruita insieme al mondo delle aziende e al mercato e arrivando fino alla necessità di collaborare con la società civile per far fronte alle nuove “missioni” sociali , la Rettrice rappresenta bene il ruolo centrale che l’Università deve avere nel nostro presente e in questa fase di ripartenza.
La centralità di queste comunità educanti, tra cui l’Ateneo Bicocca, non è solo economica, bensì culturale e sociale se si pensa a quanto il mondo universitario impatta nella vita di chi lo frequenta e nel percorso di crescita dell’intera società, per questo la missione della prof.ssa Iannantuoni diventa “politica” in senso lato: “disegnare una società che renda liberi gli individui e che possa sviluppare il talento e le passioni dei singoli”.
Di qui seguito riportiamo un estratto dell’intervista:
Essere Rettrice di un ateneo è un ruolo di grande responsabilità, cosa l’ha spinta a candidarsi?
Candidarsi per diventare Rettore è un impegno non semplice che va assunto con grande responsabilità: In primis bisogna avere la forza di vincere delle elezioni vere e proprie proponendo idee e temi su cui lavorare oltre che fare rete con dipartimenti e persone.
“Il motivo fondamentale per cui ho affrontato la durezza delle elezioni e di assumermi tutti i poteri e responsabilità che derivano dal ruolo di Rettore è perché volevo esprimere una candidatura nuova e innovativa puntando sui temi della la ricerca della didattica e dell’impatto sul territorio. Questo non perché non condividessi l’indirizzo precedente, ma perché ognuno di noi conduce un ruolo che è contemporaneamente istituzionale e personale e da economista che sono, posso avere un’attitudine al governo diversa.”
Dopo aver ricevuto la spinta dei 14 dipartimenti la decisione definitiva è maturata nell’estate 2019 durante una nuotata durante una vacanza con la famiglia.
I dati più recenti indicano che nel 2018 la spesa per R&S in percentuale del PIL si è attestata solo all’1,4 per cento, contro il 2,4 della media dei paesi OCSE. L’Università Milano-Bicocca ha ottenuto anche quest’anno il miglior risultato italiano per la qualità della ricerca svolta nel criterio “Citations per Faculty”. Quali sono secondo lei le peculiarità del nostro Ateneo che lo hanno portato ad ottenere il primo posto in classifica? Quanto è importante investire sulla Ricerca nel nostro paese?
Questo è un tema chiave perché la forza dell’Università Bicocca è la qualità della ricerca che l’Ateneo porta avanti.
Ricerca è un termine molto ampio: esiste la Ricerca “base” come la Ricerca più teorica. La Ricerca rappresenta la parte iniziale di un processo che conduce alla nascita di idee e invenzioni da portare nel mercato e più in generale nel nostro Paese.
“Normalmente gli Atenei si fermano allo step che riguarda la creazione di un’invenzione, la concretizzazione di un’idea per poi lasciare al mercato o terzi soggetti la continuazione di questi processo. Università e industrie devono capire insieme quelle che sono le necessità del mercato e del Paese. L’Università Bicocca fa ricerca insieme alle imprese. Noi innanzitutto forniamo risorse umane, spesso i nostri studenti e dottorandi fanno ricerca nelle imprese. Dobbiamo puntare sullo sviluppo tecnologo collaborazione tra settore industriale e Università.”
“È fondamentale creare un legame stretto tra il mondo delle imprese, il mondo della politica e statale insieme al mondo dell’Università.”
Lei cosa pensa riguardo a questa citazione e in modo più ampio, rispetto a questa grande collaborazione?
“Io credo profondamente nel fatto che dobbiamo aprire le nostre porte e dialogare con la società civile. Pensiamo ad esempio alla sanità pubblica e alla ricerca nel mondo dei vaccini che stiamo portando avanti. Dobbiamo a fare in modo che quello che facciamo nel nostro Ateneo, trovi il proprio fine nel benessere dei singoli e nello sviluppo della collettività per intero. Questa è una sfida di modernità per i nostri Atenei, sfida che io sono pronta ad accettare.”
Un tema in questo periodo molto noto per la drammaticità che si porta dietro, ossia la situazione che le donne afghane si stanno trovando a vivere dopo l’instaurazione del regime talebano. Possiamo dire che già nel nostro paese sono presenti ancora degli stereotipi riguardanti il ruolo delle donne, soprattutto in ambito lavorativo e istituzionale: ci si stupisce, infatti, se una donna acquisisce una posizione di potere che di solito spettava agli uomini, o capita che una donna non prenda lo stesso stipendio che il rispettivo collega uomo riceve. Noi però che per fortuna siamo in un paese occidentale, cosa possiamo fare per ridurre questi stereotipi e gap di genere? Come possiamo informare i cittadini e studenti riguardo a quanto siano pericolosi questi stereotipi? Da Rettrice e da donna quale è, cosa dovremmo fare secondo lei?
Bisogna disegnare una società che renda liberi gli individui.
“È un tema molto complesso: il tema della figura femminile e del gender gap è molto importante nella nostra società. Nei paesi OCSE siamo l’ultimo paese per il numero di donne che lavorano: una donna su due lavora e quando si hanno dei bambini in età pre-scolare un terzo passa al part-time o smette di lavorare. Questa problematica si trasforma poi in mancanza di PIL e produttività, per non parlare della soddisfazione personale delle singole donne. In Italia abbiamo questo problema culturale sia dal punto di vista singolo che collettivo e ovviamente la risposta va rinvenuta sia negli esempi che nell’informazione.”
Ancora oggi permane l’idea che ci siano alcune discipline più “femminili” e altre materie prevalentemente maschili. Cosa propone tuttora l’Università Bicocca per sensibilizzare l’avvicinamento del mondo femminile verso materie STEM oppure il mondo maschile alle scienze umane? Lei ha avuto esperienze personali concernenti questo argomento?
“ Io invito sempre i docenti a confrontarsi con gli studenti che, in quanto individui, devono scoprire il talento che c’è dentro di loro. Studenti, dovete scoprire il vostro talento, che è indipendente dal vostro genere. Poi vi troverete a maneggiare il vostro lavoro, con cui avrete un matrimonio che difficilmente scioglierete.”
Spesso gli studenti non vivono l’Università come una esperienza esistenziale importantissima, ma come la continuazione di un mero percorso di studi. Secondo lei, come si può spingere i giovani a consapevolizzarsi circa il fatto che l’Università è una esperienza importantissima per formarsi a livello personale, oltreché per una esperienza professionale?
“Questo è proprio uno dei miei propositi come Rettore: far vivere agli studenti l’Università come un campus, in cui gli studenti dopo aver seguito le lezioni, si trovano immersi in una molteplicità di esperienze sociali e umane. L’Università è una circolarità di saperi, un mondo in cui gli studenti si scoprono a vicenda e si confrontano.”
C’è in atto un ripensamento complessivo del campus.
Se potesse parlare con la Giovanna ventenne, immaginandola tra i corridoi e le aule dell’Università, cosa si sentirebbe di dirle?
“Sii coraggiosa.” Io sono sempre stata una persona portatrice di grandi passioni, che ho sempre portato avanti. Questo è il messaggio che vorrei trasmettere a voi ragazzi: state vivendo degli anni irripetibili, lo dico perché non li sto vivendo più, in cui dovete scoprire il vostro valore, le vostre passioni e coltivarle insieme agli altri individui che ci circondano. Quando trovate la vostra passione, abbiate il coraggio di perseguirla.”
Stefano Maddaloni, Valentina Bartoletto
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