Generazione Z alle corde: quale futuro ereditano?

Come appare il futuro ai nostri giovani? Come appare il futuro a coloro che tra dieci, quindici anni dovranno sostenere il carico socioeconomico in parte creato anche in questo ultimo anno e mezzo?

L’editoriale di questa settimana è dedicato alla fine della scuola. La fine dopo un anno di studio molto complesso e difficile per i nostri giovani, fatto di didattica a distanza, di interruzioni e riprese in presenza, di arresto della mobilità internazionale, di sospensione degli stages, di sessioni di laurea virtuali e non aiutato dal distanziamento sociale e dalle restrizioni che hanno colpito molte attività sportive e ricreative, riducendo gli spazi e i momenti di incontro.

Alla fine dell’anno di studio si accompagna l’inizio della campagna vaccinale proprio sui giovani. Campagna con la quale si cerca, con fatica, di superare questa esperienza guardando avanti verso il futuro. Ma come appare il futuro ai nostri giovani? Come appare il futuro a coloro che tra dieci, quindici anni dovranno sostenere il carico socioeconomico in parte creato anche in questo ultimo anno e mezzo?

Per rispondere a queste domande merita leggere una recente ricerca pubblicata dal giornale britannico “The Guardian” nella quale sono ben descritti i rischi psicologici e socioeconomico a carico delle nuove generazioni. Sono ben descritti soprattutto i sentimenti dei giovani intervistati in numerosi Paesi europei.

Nel dettaglio gli adolescenti europei intervistati hanno espresso profonda ansia per il proprio futuro e hanno assunto posizioni molto critiche verso i governi per averli delusi, imponendo loro 15 mesi di lockdown che ha destabilizzato il loro benessere mentale, l’istruzione e le prospettive di lavoro. Il senso di incertezza è fortemente accresciuto in questi mesi nelle nuove generazioni insieme ad un diffuso sentimento di vulnerabilità.

Sebbene le nuove generazioni abbiano sino ad ora visto ridotte le probabilità di ammalarsi in maniera seria con il coronavirus, la cosiddetta Generazione Z risulta essere stata colpita in modo sproporzionato dalla più grande interruzione dell’istruzione nella storia moderna, dall’aumento della disoccupazione e dagli effetti psicologici dell’isolamento sociale. A ciò si aggiunga che i giovani inseriti nel mondo del lavoro risultano in molti casi tra coloro che meno di altri hanno beneficiato dei sostegni economici e sociali.

Lo sconforto e la rabbia rappresentati dalle risposte dei giovani intervistati rischiano di suonare oggi come un campanello d’allarme, proprio nel momento in cui i governi europei stanno fronteggiando con misure straordinarie la crisi sanitaria ed economica.

In economia, tuttavia, lo sguardo deve sempre assumere profondità e bisogna prendere consapevolezza che gli effetti di quanto vissuto in 15 mesi si rifletteranno nel medio e lungo periodo e saranno visibili nei prossimi anni. Ciò assume ancora più rilievo in Italia dove la rotazione del mercato del lavoro è lenta, dove la filiera education appare ancora rigida non favorendo mobilità e dove la geografia economica descrive oggi un Paese con zone che rischiano di impoverirsi e di perdere la presenza dei giovani costretti a spostarsi al nord o addirittura all’estero.

In questo contesto che deve renderci vigili e più attenti verso i bisogni anche non espressi dei giovani, la soluzione non è certo nella determinazione di un ristoro economico realizzato con un prelievo fiscale su coloro che hanno ingenti patrimoni. Come si può pensare di “pagare” un ristoro in assenza di una seria e concreta programmazione di lungo termine?

I giovani non ci chiedono ristori economici che rischierebbero di assumere anche una forma esigua e quasi “ridicola”: ci chiedono piuttosto di cambiare in profondità il sistema socioeconomico che stiamo lasciando. Un sistema economico che dovrebbe essere inclusivo e motore di opportunità, di spinta sociale, di benessere e non di iniquità, di distanziamento sociale e di arresto nello sviluppo. Un sistema economico dinamico dove il merito, l’impegno e il sacrificio devono rappresentare il vero ristoro generando quella mobilità sociale volta a valorizzare la “biodiversità economica” che colora da nord a sud tutto il nostro territorio.   

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