LA TERRA PROMESSA CHE TUTTI VORREBBERO: QUANTO NE SAPPIAMO SUL CONFLITTO ARABO-ISRAELIANO?

Sono di poche ore fa le notizie di nuovi bombardamenti sulla Striscia di Gaza e non solo: le immagini della spianata del Tempio di Gerusalemme invasa da fumo e militari hanno fatto il giro del mondo. Ad innescare questo ennesimo attacco è stato la vicenda degli sgomberi nel quartiere di Sheick Jarrah, ma questo evento è solo l’ultimo di una lunga serie che vedono contrapposta la popolazione palestinese e quella israeliana da più di mezzo secolo. Ma quanto ne sappiamo realmente su questa guerra?

Nell’estate 2019 ho avuto la fortuna di visitare – a mio parere – uno dei territori più belli del mondo. Dico territorio perché personalmente non ho ancora capito come chiamarlo: Palestina, Israele, Terra Santa, Terra Promessa, Terra di Nessuno… voglio specificare questa cosa perché fin dall’antichità questo territorio è stato conteso e dal 1948 ad oggi è in atto una guerra, non solo militare ma anche – e soprattutto – politica tra la popolazione palestinese e quella israeliana per la rivendicazione dell’intera fetta di terra che affaccia sul mediterraneo. Con gli Accordi di Oslo del 1993 era stata prevista la creazione di un’autorità governativa palestinese e la conseguente nascita della Palestina come stato indipendente e riconosciuto; tuttavia questi accordi non sono stati rispettati ed oggi il territorio è diviso in due grandi “stati” l’Israele e la Palestina, a sua volta divisa in due zone: la Striscia di Gaza e la West Bank.

Suddivisione del territorio palestinese nelle tre aree

Probabilmente, la maggior parte di voi conosce la Striscia di Gaza e la riconosce come zona di guerra: dal 2005 è territorio palestinese dopo il ritiro unilaterale dei soldati e coloni israeliani, ma ad oggi ancora terra di conflitto per il pieno controllo di una delle due parti.
Meno conosciuta è invece la West Bank, ulteriormente suddivisa in tre aree che rispecchiano a pieno la vera realtà conflittale di questa terra:
– Area A: sotto il controllo dell’autorità palestinese,
– Area B: sotto il controllo civile-amministrativo dell’autorità palestinese e israeliano sotto quello militare,
– Area C: completamente controllata da Israele; questa è anche la zona in cui troviamo muri di separazione, campi profughi ed insediamenti.

Ora, se osservate la mappa, potrete anche rendervi conto dell’effettiva “fettina” di territorio realmente sotto il controllo delle autorità palestinesi rispetto alla totalità del territorio della Cisgiordania. Aggiungo anche che la popolazione palestinese – secondo l’istituto centrale di statistica palestinese – a fine 2018 contava quasi 3 milioni di persone nella West Bank, 2 milioni nella Striscia di Gaza e 1,6 milioni residenti nello stato di Israele (numeri quasi equivalenti ai 6,7 milioni di Ebrei che risiedono in Israele).

Dopo avervi chiarito, almeno in parte e molto semplicemente, le idee sul contesto in cui siamo immersi, voglio raccontarvi una storia che ho avuto la fortuna di conoscere con il racconto del protagonista stesso.

Immaginate di trovarvi su un altopiano poco fuori Betlemme, la strada da percorrere per arrivarci prima costeggia la barriera di separazione israeliana per poi diventare dissestata e alla fine bloccata da grandi massi di cemento. L’unico modo per arrivare alla Tent of Nations è camminare su una strada di ciottoli piena di rifiuti ai margini, ma ad accoglierti ci sarà sicuramente il sorriso genuino di Daoud Nassar o di uno dei suoi figli. La terra su cui si trova la Tent of Nations è di proprietà della famiglia Nassar dal 1916 e da quel giorno le successive generazioni se ne sono prese cura coltivando e convivendo pacificamente accettando le varie occupazioni e istituzioni instauratesi sul territorio. Ma, negli anni ‘90, il governo israeliano dichiara quel terreno e i territori limitrofi di proprietà dello stato d’Israele: la famiglia Nassar non accetta e, con le valide attestazioni dichiaranti la proprietà, apre una pratica legale per difendere la terra passata di generazione in generazione. Le procedure legali sono in atto ancora oggi, ma nel frattempo la pressione del governo israeliano si è fatta sempre più insistente: nuovi insediamenti israeliani si avvicinano sempre più all’appezzamento di terra della famiglia Nassar che, oltre a dover sopportare le spese legali, oggi deve anche affrontare la continua pressione dei nuovi insediamenti che li spinge a spostarsi altrove.

Ora mi direte, come va a finire questa storia? Non lo so, quello però che conosco è la forza e la resilienza di Daoud e della sua famiglia: Tent of Nations è il progetto nato dallo stesso Daoud con l’obiettivo di sensibilizzare turisti e pellegrini di tutto il mondo e far conoscere loro le verità più profonde di questa guerra silenziosa, Il progetto è una realtà che può esistere solo grazie alla presenza e supporto dei volontari esteri che si recano sul territorio e vivono nella fattoria con Daoud e la sua famiglia.

La ragione per cui conosco la storia di Daoud è perché ho avuto la fortuna di passare due giorni nella sua proprietà che, a causa delle continue intimidazioni dell’occupazione israeliana, non è connessa alla città con strade praticabili per i pullman di tutti i visitatori e collaboratori che ogni anno vengono ospitati. Inoltre, sono stati istituiti divieti di costruzione sul territorio e di fabbricazione di sistemi di canalizzazione per portare energia elettrica ed acqua potabile. La famiglia Nassar non si è comunque piegata davanti a tutte queste difficoltà e – anche grazie alle iniziative che ogni anno vengono accolte da migliaia di volontari e dalle donazioni straniere – è riuscita ad ovviare a tutti questi problemi con, per esempio, cisterne di raccolta dell’acqua piovana per irrigare le coltivazioni, pannelli solari… e fare della Tent of Nations un luogo di pace ma soprattutto di testimonianza. Inoltre, la famiglia Nassar si spende per il sostegno della ormai minoranza palestinese nelle zone vicine alla loro proprietà offrendo aiuti ma soprattutto momenti di formazione per donne e bambini.

Daoud Nassar

Questa terra di bellezze e contraddizioni, di multiculturalità ed armi ho avuto l’occasione di viverla e scoprirla partendo dalle sue tante contraddizioni: dall’arrivo in aeroporto a Tel Aviv dove il mio passaporto è rimasto senza timbri (il conflitto tra Israele e Palestina ha portato allo schieramento a favore o contro degli stati attorno al territorio, avere il timbro dello stato israeliano avrebbe significato rendere il mio passaporto inutilizzabile per un qualsiasi viaggio in Iran, Libano, Libia, Sudan, Siria e Yemen), ai caccia militari nel cielo del deserto del Neghev – che si trova nell’entroterra alla stessa altezza della Striscia di Gaza – fino alle porte della città vecchia di Gerusalemme “decorate” da fori di proiettile, passando per i continui controlli ad ogni passaggio da territori Israeliani a Palestinesi e vice versa.

Proprio oggi, a distanza di poche ore dalle notizie che giungono direttamente da Gerusalemme di nuovi bombardamenti non solo nei territori più “caldi” ma anche nella città, ho ritenuto necessario scrivere, un po’ di getto e con il cuore in mano, questo articolo. Al cancello d’ingresso della Tent of Nations ci sono due massi che recitano “We refuse to be enemies” (noi ci rifiutiamo di essere nemici) e “Learning hope, planting peace” (imparando la speranza, piantando la pace), ritengo necessario – oggi – sottolineare la lotta di chi sceglie una guerra pacifica, non da prima pagina e titoloni ma che passa in sordina e non fa “views” perché la ritengo in egual modo cruda, atroce e reale: riflesso di una pace solo apparente e di una guerra combattuta non solo con armi ma anche con “scartoffie”.

Voglio concludere sottolineando che questa è la mia visione, la mia opinione e la mia esperienza. Ognuno è libero di informarsi, comprendere ed in seguito agire nelle modalità che ritiene più consone, adeguate e possibili. Ad oggi, anche se una parte degli stati membri ha presentato le pratiche necessarie per iniziare l’iter, l’Unione Europea non riconosce lo stato palestinese.

Tent of Nations: http://www.tentofnations.org/
https://www.affarinternazionali.it/2019/08/demografia-ebrei-palestinesi-equivalenti/
https://www.repubblica.it/esteri/2021/05/10/news/israele_scontri_gerusalemme-300239078/

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