Giornata Internazionale della donna: bisogna riflettere prima di celebrare

Un articolo in cui vengono approfondite le riflessioni che ogni anno vengono poste in essere durante la Giornata Internazionale della Donna: pensieri che hanno un seguito o che cadono nell’oblio?

Giornata Internazionale della Donna: la ricorrenza che si celebra l’8 marzo rimane fine a sé stessa o sprona realmente a riflessioni che sono in grado di condurre a un futuro cambiamento e miglioramento verso la parità di genere?

L’8 marzo vengono poste in essere molteplici riflessioni che ci portano a ragionare su quelli che sono gli ostacoli che ancora oggi il mondo femminile deve subire rispetto a quello maschile, in primis le innumerevoli violenze psicologiche e fisiche che si riversano su donne di ogni età. Tuttavia, sembra quasi che i magnanimi pensieri che emergono durante la Giornata Internazionale della Donna, svaniscano ventiquattro ore dopo come se nulla fosse; dopo questa importante giornata la maggior parte degli individui continua a trascorrere la propria vita come se le riflessioni del giorno prima fossero cadute nell’oblio. Ogni anno che passa inizio a qualificare l’8 marzo non più come un giorno di celebrazione, ma come la conferma, per il momento, di quella che è una sconfitta: un altro anno che si somma a tutti quelli precedenti nel quale non è stato colmato il gap concernente la parità di genere.

A causa della pandemia da Covid-19 e la conseguente crisi socioeconomica, molti lavoratori sono andati incontro alla disoccupazione, ma come al solito sono le donne a subire il colpo più duro. I dati Istat mostrano questo fenomeno molto chiaramente: nonostante ci sia stato il blocco licenziamenti fino a marzo, su 101mila lavoratori che hanno perso il proprio lavoro nel mese di dicembre, 99mila sono donne e solo 2mila sono uomini. Può sembrare una casuale sfortuna per il mondo femminile, ma i dati statistici mostrano che la disoccupazione femminile è sempre stata superiore a quella maschile: anche se nel corso degli anni la disparità di genere è diminuita, attualmente c’è un gap del +2.0%. Possiamo dunque osservare che sicuramente la pandemia ha sminuito maggiormente il lavoro femminile, sacrificato prima di quello maschile, ma che quanto successo è solo il culmine di un fatto già esistente.

Questo non è il solo evento spiacevole che coinvolge una donna sul posto di lavoro.

Accade quotidianamente che, nel momento di valutare una candidata per un nuovo posto lavorativo, come ad esempio il posto da segretaria, le venga chiesto di allegare più di una sua fotografia, come se il suo aspetto fisico fosse particolarmente influente per la selezione e il conseguente svolgimento della mansione lavorativa. Quando finalmente una donna riesce a fare carriera, scalando i gradini delle posizioni lavorative, è ancora molto raro che le venga assegnato il posto in cima alla piramide: stanno aumentando le donne che ricoprono la posizione di manager o di direttore, ma è un numero ancora irrilevante rispetto a quello degli uomini. Questo purtroppo accade perché nella mentalità della nostra società è ancora molto radicata l’idea, ormai vetusta e priva di ragionevolezza, che sia l’uomo a dover ricoprire un ruolo di potere e decisionale. Qualche mese fa la famosa imprenditrice digitale Chiara Ferragni, ha dichiarato in una intervista tenutasi dal Corriere della Sera che ancora ora << gli uomini non ci prendono sul serio>> in ambito lavorativo.

Quando una donna esce dal lavoro, la sua giornata stressante non termina con il rientro a casa e spesso al posto di meritato relax ci sono momenti di malessere all’interno delle mura domestiche. Il disagio poi prende una forma ancora più oscura, trasformandosi in violenza, che viene praticata sul genere femminile come se fosse una normale -e plausibile- parte integrante della quotidianità. Inoltre, gli abusi sono aumentati da quando la pandemia ha costretto le famiglie a passare la maggior parte del tempo in casa.

I social network hanno reso più difficile la vita delle donne, specialmente quelle di giovane età: sono tanti i ricatti e gli abusi che hanno come oggetto foto che le ragazze pubblicano sui social network e che vengono strumentalizzate con il fine di fare del male. Il mondo poi non aiuta: recentemente è stata licenziata un’insegnante dopo che l’ex fidanzato ha condiviso online foto intime della sottoscritta. Tuttalpiù non è stato concesso lo stesso trattamento ad un professore che è stato colto in flagrante mentre compieva atti sconvenevoli durante una lezione online.

Alla base di tutte le considerazioni appena fatte c’è una mentalità che specialmente nel nostro paese è difficile da eliminare. Sono presenti all’interno della società meccanismi e dei processi che continuano a pullulare come parassiti e che di conseguenza vengono trasmessi anche indirettamente alle nuove generazioni, senza ci sia un salto di qualità a livello mentale di quella che è la generale considerazione riguardante il mondo femminile.

Fin quando ci saranno discriminazioni di genere, abusi e maltrattamenti, l’8 marzo non c’è molto da festeggiare.

Forse il problema è il seguente e lo affermo citando Aristotele: “le cose abituali non fanno impressione”. Passato qualche giorno dall’8 marzo voglio sperare non solo in un cambio di abitudini, ma in un’apertura mentale che coinvolga l’intera società e aspiri all’uguaglianza di genere. Quando parlo di uguaglianza di genere, penso a una società in cui vengono valorizzate le caratteristiche di ambo i generi per dare vita a un paese migliore, che premia gli individui non per il loro genere e il loro aspetto fisico, bensì per il valore aggiunto che danno al mondo.

Fonti: https://www.ilsole24ore.com/art/la-pandemia-violenza-piu-donne-uccise-meno-denunce-ADSwyn3

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