La scorsa settimana ho trascorso qualche giorno in Puglia per motivi personali: un viaggio inaspettato che è stato ricco di spunti e riflessioni che in parte voglio condividere con i lettori de L’imprenditoriale.
Sicuramente vi sarà capitato di viaggiare in qualche posto che non avevate mai visto e che vi è rimasto impresso a causa di un odore mai sentito o per un vicolo particolarmente bello dentro il quale avete camminato casualmente o ancora per un’emozione provata guardando un tramonto colorato. Tutte queste situazioni hanno un denominatore comune: lo stupore. Imbattersi nel nuovo e nell’inatteso genera un senso di grande meraviglia ed incredulità che ci pervade, proprio perché nasce da qualcosa che va oltre il nostro presente e che cambia radicalmente il nostro modo di vedere e intendere ciò che ci circonda.
La nostra mente e il nostro modo di contemplare il mondo traggono vantaggio dunque da ciò che va oltre l’immaginario perché questo ci consente di inglobare una prospettiva in più e di affinare gli strumenti che utilizziamo per leggere e interpretare la realtà. Ci sono molte altre situazioni nella vita che traggono vantaggio da ciò che è inaspettato, ma se riconoscere questo assunto facendo riferimento ad un viaggio è semplice, farlo per il nostro contesto lavorativo, economico o addirittura sociale è tutta un’altra storia.
Nel nostro quotidiano infatti affrontare la complessità del sistema economico e la liquidità del sistema sociale è tutt’altro che semplice e genera molte difficoltà prima di tutto culturali e poi pratiche: molte volte siamo ancorati ad un mindset che non ci spinge ad accogliere il caos e gli eventi inaspettati come opportunità, bensì a vedere nella stabilità una sicurezza da perseguire. In funzione di questo le aziende, gli enti pubblici e la società in generale fonda i propri sistemi organizzativi e determina il suo agire e questo ci rende fragili di fonte ai grandi cambiamenti inaspettati che un mondo sempre più interconnesso ci chiede di affrontare.
Tutto questo mi ha fatto venire in mente le prime pagine di un libro che ho scoperto e iniziato a leggere poco tempo fa e che nel suo essere provocatorio stimola inevitabilmente una riflessione e degli interrogativi su quanto descritto prima. Sto facendo riferimento a Antifragile di Taleb. Senza entrare nel dettaglio, il libro cerca di far comprendere come l’incertezza a cui siamo esposti in quanto umani non sia solo qualcosa da cui dobbiamo difenderci, bensì qualcosa da coltivare per trarne vantaggio essendo appunto “Atifragili” concetto che viene spiegato come l’attitudine di alcuni sistemi di modificarsi e migliorare a fronte di sollecitazioni, fattori di stress, volatilità, disordine.
Uno degli interrogativi che mi sono posto leggendo questo libro rispetto a ciò che ci aspetta adesso che la pandemia sembra aver concluso la sua fase più buia è: quanto siamo in grado di affrontare la complessità sfruttando le opportunità dell’inaspettato, tra cui anche il periodo che abbiamo appena vissuto? La pandemia, nella sua tragicità, ha rappresentato una grande occasione per rendersi conto che serve una trasformazione culturale e organizzativa del sistema economico-sociale in cui viviamo, per riconnetterci con una realtà complessa che fin ora abbiamo osservato con una visione che non è più sufficiente.
Per poter evolvere in questo momento storico così importante è dunque chiaro quanto sia necessario un cambiamento culturale che ci consenta di essere meno fragili e più adatti all’ambiente in cui viviamo, che passi dall’accettazione del fallimento come fattore di crescita e che abbandoni l’eccessiva competizione a cui siamo abituati a favore di un approccio che sia “eco”.
Questa visione necessiterà però di trovare spazio nella realtà in modo concreto. Facendo riferimento per esempio al contesto aziendale, tramite la messa a punto di un’organizzazione agile che sia in grado di gestire la complessità, valorizzando tutti gli attori coinvolti nel processo produttivo e rivalutando il proprio ruolo in merito all’impatto sociale dell’azienda e al modo in cui redistribuire le risorse.
Le risorse sono già tutte qui, basta solo guardare le cose con occhi diversi e avviare un processo di trasformazione che tenga conto dell’inaspettato come una risorsa irrinunciabile.
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