EFFETTO DUNNING-KRUGER E PARADOSSO DI SIMPSON: COMBATTIAMO LA DISINFORMAZIONE CON ANDREA PALLADINO

In questa intervista L’Imprenditoriale ha modo di conoscere come il Andrea Palladino combatte la disinformazione tramite l’uso di metodi statistici e analisi.

Con molta sorpresa ho osservato il percorso di studi di Andrea: un dottorato e un post-dottorato in fisica a Berlino ai quali seguono una brillante carriera di Data scientist tra Germania e Italia. Pensavo, da profana, che ci fossero più differenze tra il mondo della fisica e il mondo della statistica. Tuttavia Andrea mi ha spiegato che i due mondi sono interconnessi più di quanto si possa immaginare: mi ha raccontato, infatti, nel 2010 si è trovato a studiare per la sua tesi triennale un algoritmo di reti neurali per prevedere le prestazione di un impiantatore ionico, una macchina che serve per produrre silicio. Un modello con tantissimi parametri coinvolti e Andrea, per studiarlo, ha attinto a piene mani dal mondo della statistica.

Andrea lavora come collaboratore scientifico per covstat.it, un progetto nato a Milano dall’idea di alcuni dottorandi tra cui Vincenzo Nardelli, dottorando di Statistica presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Progetto nato nel periodo in cui la paura insieme all’incertezza regnavano sovrane a causa dell’avvento del covid. La maggior parte di noi, seduti in casa, attendevano notizie da chi, attraverso competenze scientifiche, potesse dirci qualcosa di più di quanto sapevamo. Così ho chiesto ad Andrea: 

Come hai vissuto l’esperienza di ricercatore nei primi mesi della pandemia?

“Inizialmente ero spaventato dalle notizie che arrivavano. Si parlava di questi tassi di letalità del 15-20%. Una persona che ha famigliarità con i numeri, se si trova a leggere queste cose, può pensare di trovarsi di fronte a una epidemia letale. Ho iniziato a fare ricerca da solo e a svolgere in autonomia i calcoli. Il problema all’epoca è che si effettuavano calcoli in fase esponenziale e produrre analisi in questa fase portava cifre prive di senso. Avevo iniziato con modelli epidemiologici molto semplici come il SIR. Nel frattempo ho visto Vincenzo e altri dottorandi che stavano portando avanti il mio stesso lavoro e abbiamo deciso di unire le forze. A noi si sono aggregate tantissime persone.”

Cifre totalmente errate, articoli di giornale privi di senso e totalmente disinformativi, fenomeni assai pericolosi in periodo di pandemia. Andrea, da scienziato, ha avuto modo di accorgersene prima di molti altri: le ricerche, infatti, portate avanti in silenzio e in autonomia da molti mesi a questa parte, hanno dato vita ad analisi nelle quali Andrea reinterpreta i dati pubblicati da fonti autorevoli, dimostrando e verificando la totale insensatezza di molte analisi e considerazioni pubblicate su giornali e siti web.

Ma Andrea, secondo te, questo problema di informazione cattiva trasmessa sui social, è legato solo alla fase di divulgazione o alla fase embrionale di analisi dei dati?

Io credo ci siano due problemi: il primo è che in generale nella popolazione c’è una scarsa conoscenza della matematica. Purtroppo oltre ad essere un dato di fatto, questo fenomeno sta peggiorando sempre di più. Il secondo problema riguarda il boom di informazione che si è avuta con i social network. Osservo ogni giorno che molte persone si sentono autorizzate a parlare di argomenti che non conoscono dopo aver appreso esili nozioni a riguardo. Si verifica molto spesso il fenomeno noto come Dunning-Kruger: più una persona è inesperta in qualcosa, più ha fiducia nelle proprie capacità.

La cosa che mi ha “spaventata” però è che per quanto molte informazioni errate vengano pubblicate su siti poco attendibili, alcune volte ad Andrea è capitato di correggere e confutare articoli provenienti da siti rinomati. Un caso che trovo particolarmente scandaloso ha visto un articolo de “Il Tempo” in cui gli errori di interpretazione dei dati erano così macroscopici da far pensare ad una cattiva fede. 

Forse “Il Tempo” con questo articolo voleva cercare un’angolazione diversa al problema per attirare l’attenzione di una nicchia di lettori? 

L’elemento grave di quell’articolo è il fatto che non tenga minimamente conto dell’anomala mortalità generale del 2020, rispetto a quella degli anni precedenti. Le persone con patologie pregresse esistevano anche prima del 2020. Perché nel 2020 ne sono morte 100.000 in più? Questa sarebbe la domanda corretta da porsi.”

Un problema dunque che non concerne chi lavora alla raccolta, analisi ed elaborazione dei dati statistici ma chi, volendo proporre una precisa tesi, manipola i dati con il fine di arrivare ad un risultato che possa dar ragione alla tesi scelta ed essere coerente con delle ideologie che intende sostenere.

“Altre volte mi capita quando effettuo delle correzioni di trovarmi davanti ad analisi e conclusioni sbagliate a causa del Paradosso di Simpson.”

Mi ha raccontato come, ad esempio, sia stato male interpretato il dato delle terapie intensive in Israele lo scorso agosto. Alcune testate hanno riportato, correttamente, che le terapie intensive erano occupate per la maggior parte da persone vaccinate. Il dato di per sé era corretto, ma non si teneva in considerazione il fatto che quasi l’interezza della popolazione israeliana era già vaccinata. In termini assoluti era vero che le terapie intensive erano prevalentemente occupate da vaccinati ma in termini percentuali il rapporto veniva ribaltato, specialmente calcolando i tassi di occupazione per le varie fasce d’età. Se nell’interezza del paese rimaneva solo una piccolissima percentuale di “non vaccinati” è normale che in termini assoluti non potessero competere con i “vaccinati” in qualsiasi ambito, comprese le terapie intensive.

Si arriva, in conclusione, a considerare erroneamente fattispecie di questo tipo quando si utilizzano numeri assoluti quando invece si hanno sproporzioni tra i gruppi considerati di cui non si tiene conto.”

Andrea vive e lavora a Berlino e mi è sorto spontaneo chiedergli se questo problema di cattiva informazione e negazionismo sussista anche in Germania. Mi ha dato una risposta talmente concisa e piena di significato, che dovrebbe diventare spunto di riflessione per tutti i cittadini italiani:

Ti dirò, la differenza consiste nel fatto che in Germania i cittadini portano più rispetto verso le persone che passano anni e anni della propria vita a studiare e fare ricerca. 

In Germania alla scienza ci si crede un po’ di più.”

Andrea continua dicendomi:

Sai, io ho passato anni della mia vita a portare avanti un dottorato, un post-dottorato e a fare ricerca. In Italia, molte persone non sanno nemmeno cosa sia un dottorato. Il problema è che spesso non lo sa nemmeno chi  conduce una azienda o è a capo di qualche progetto importante”.

Sì Andrea, purtroppo sembra che in Italia il progresso tecnologico sia inversamente proporzionale alla fiducia verso la scienza e verso il progresso stesso. Come spesso mi capita di pensare, “non tutto il male viene per nuocere”: la cattiva informazione, il negazionismo e l’ignoranza ottusa portano alla luce persone come te, che si battono per apportare valore alla scienza e crearne altro attraverso la ricerca.

Speriamo che ci sia “qualche te” in più in Italia, che dici?

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