Il 2 giugno non è solo un giorno di parate e festeggiamenti, ma anche un momento di riflessione: i 65 anni della nostra nazione ci devono far riflettere circa i successi del nostro paese quanto ai traguardi che non sono stati ancora raggiunti. L’Italia è un paese unito sulla carta, a livello geografico, ma ci sono tanti fattori che tutt’oggi non rendono i cittadini uniti e diversi tra loro. Bisogna combattere la diversità, la povertà e la violenza. Il primo modo per farlo è osservare i dati, in modo tale da renderci conto quanti sono i passi che dobbiamo fare ancora tutti insieme affinché i cittadini italiani siano uguali tra loro.
Il primo fattore: l’uguaglianza di genere (dati EIGE)
Con un punteggio di 63,5 punti su 100**, l’Italia è al 14° posto nell’Unione europea (UE) quanto all’indice di uguaglianza di genere. Il punteggio, di 4,4 punti inferiore rispetto a quello dell’UE, è aumentato di 10,2 punti dal 2010 (+ 0,5 punti dal 2017). L’Italia avanza verso l’uguaglianza di genere a un ritmo più sostenuto rispetto ad altri Stati membri dell’UE e, dal 2010, ha guadagnato 8 posizioni.
Le disuguaglianze di genere, tuttavia, sono ancora molto significative: sono più pronunciate nelle aree del potere (48,8 punti), del tempo (59,3 punti) e della conoscenza (61,9 punti). L’Italia registra il punteggio più basso dell’UE nel settore del lavoro (63,3 punti).
Le donne italiane, principalmente al Sud, sono fortemente penalizzate e disincentivate dal punto di vista lavorativo. Vi è un gap molto profondo per quanto riguarda la parità salariale e di raggiungimento delle posizioni di potere: la retribuzione media mensile delle donne è di quasi un quinto inferiore rispetto a quella degli uomini. Per fortuna, secondo i dati, possiamo trionfare circa il fatto che l’equilibrio di genere nel processo decisionale economico è aumentato dopo che, nel 2011, l’Italia ha introdotto una quota legislativa del 33 % di donne nei consigli di amministrazione delle società.
Il secondo fattore: la povertà nel nostro paese (dati Istat)
La povertà assoluta torna a crescere e tocca il valore più elevato dal 2005. Le stime preliminari del 2020 indicano valori dell’incidenza di povertà assoluta in crescita sia in termini familiari (da 6,4% del 2019 al 7,7%, +335mila), con oltre 2 milioni di famiglie, sia in termini di individui (dal 7,7% al 9,4%, oltre 1 milione in più) che si attestano a 5,6 milioni. L’incremento della povertà̀ assoluta è maggiore nel Nord del Paese e riguarda 218mila famiglie (7,6% da 5,8% del 2019), per un totale di 720mila individui. Peggiorano anche le altre ripartizioni ma in misura meno consistente. Il Mezzogiorno resta l’area dove la povertà̀ assoluta è più̀ elevata: coinvolge il 9,3% delle famiglie contro il 5,5% del Centro.
Spesso nella nostra concezione combattere la povertà sembra un fenomeno più grande di noi e a causa del quale ogni nostra azione sembra irrilevante. Tuttavia, possiamo fare tanto a livello micro affinché ci sia una contrazione di quest’ultima: evitare gli sprechi di cibo, donando piuttosto le eccedenze a chi ne ha bisogno, vestiti e altri oggetti che diamo per scontato e che tendiamo a buttare o a non utilizzare.
Terzo fattore: diversità tra Nord e Sud (indice di Gini)
L’Italia si è sempre distinta per l’elevato valore dell’indice di Gini, ossia una misura (indice) spesso utilizzata per misurare la diseguaglianza in termini di reddito o ricchezza all’interno, ad esempio, di un paese. La disuguaglianza, misurata dall’indice Gini sul reddito da lavoro equivalente, sale da 34,8 nel 2019 a 36,5% nel primo trimestre 2020 e 41,1% nel secondo trimestre 2020.
Italia diseguale. Ma, in alcune regioni, più diseguale che nelle altre. Sicilia e Campania sono le regioni in cui – semplificando – i redditi più alti sono più concentrati nelle mani di pochi. La disuguaglianza in Italia è concentrata soprattutto in queste due regioni. Analizzando i dati, dobbiamo purtroppo osservare che l’Italia è, prendendo l’indice di Gini, il paese più diseguale dell’Europa Occidentale.
Le diseguaglianze non ci sono soltanto in termini di reddito, produzione del PIL e altre variabili macroeconomiche, ma proprio a livello culturale: dopo tanti anni dall’unificazione, i cittadini del Nord e Sud percepiscono ancora molte differenze tra di loro che causano spesso molti conflitti. Uno degli ultimi dibattiti posti in essere è concernente le risorse del Recovery Fund: il 40% circa vuole essere destinato al Sud e questa decisione ha fatto nascere molte polemiche, soprattutto da parte di alcune fazioni politiche che vedono il Mezzogiorno come la parte arretrata del nostro paese, in cui è concentrata criminalità e malavita.
Ci sono molti aspetti su cui si potrebbe riflettere, discutere e apportare soluzioni: potremmo partire dalla disoccupazione giovanile, sino alla fuga di cervelli. I fattori sopracitati non vogliono essere una critica al nostro paese, ma un punto di partenza per cavalcare l’onda della rinascita del nostro paese. Voglio credere e sperare in un secondo Rinascimento dal punto di vista economico, culturale e sociale, ma ho bisogno che ci credano tutti gli italiani, a prescindere dalla loro posizione sociale e regione a cui appartengono. Voglio credere in un popolo unito che si aiuta e che non guarda il suo concittadino con disprezzo e diversità.
Un augurio a domani, che possa essere un giorno di festa, gioia e tante altre emozioni collettive.
**Per calcolare la distanza che ancora resta da percorrere per raggiungere l’uguaglianza di genere, all’UE e ai suoi Stati membri vengono assegnati ogni anno dei punteggi. L’indice sull’uguaglianza di genere utilizza una scala da 1 a 100, in cui 1 corrisponde alla totale disparità e 100 alla totale parità.
Fonti: Istat, EIGE, https://www.truenumbers.it/disuguaglianza-italia/
Autore
Potrebbe interessarti
-
Totò Schillaci e le Notti Magiche: lo spartiacque tra il sogno di un paese e l’inizio di una nuova era economica e sociale
-
Materie Prime Critiche: La Sfida Strategica dell’UE tra Transizione Ecologica, Dipendenze Globali e Urban Mining
-
Amo il mio lavoro
-
L’Italia chiamò: SÌ
-
Una sfida chiamata Imprenditoria Femminile tra gender investment gap e agevolazioni