Se vi dovessero chiedere qual è la risorsa più scarsa al giorno d’oggi cosa rispondereste?
Sicuramente in molti si lancerebbero sul tempo oppure sulle informazioni, magari facendo riferimento all’enorme numero di dati da cui siamo circondati, che fanno gola alle aziende per stimolare il mercato o alla politica per monitorare il consenso. Eppure c’è una risorsa intangibile che nel nostro presente sento scarsa più che mai: la fiducia
Il vocabolario Treccani la definisce come “L’atteggiamento, verso altri o verso sé stessi, che risulta da una valutazione positiva di fatti, […], e che generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquillità”. Qualcosa di cui abbiamo sentito la mancanza in questi mesi di pandemia dove la perdita di certezze sul futuro ci ha portato a vivere delle emozioni del tutto nuove, tra cui anche il Languishing definito, dallo psicologo Adam Grant in un articolo del New York Times, come lo stato emotivo che produce senso di vuoto, demotivazione, mancanza di uno scopo.
In Italia la fiducia è più scarsa che altrove
In Italia la fiducia degli Italiani verso il proprio paese, rispetto alle sue bellezze e alle competenze di chi lo abita è da sempre stata una risorsa scarsa: nonostante siamo circondati di eccellenze abbiamo poca fiducia nelle nostre capacità e in quello che una nazione come la nostra potrebbe offrire, tendiamo a sottovalutare i nostri punti forti e non costruiamo attorno ad essi un sistema di investimenti che potrebbe valorizzarli.
Questa mancanza di fiducia la si nota osservando il BES: un interessante rapporto che l’ISTAT pubblica annualmente e che si propone di monitorare le condizioni di benessere dei cittadini italiani e le relative determinanti.
- Abbiamo scarsa fiducia nel sistema politico e nelle istituzioni: “negli ultimi dieci anni si è registrato un calo della quota di popolazione coinvolta in attività quali parlare di politica, informarsi, essere attivi socialmente.”
- Non crediamo abbastanza nelle potenzialità culturali del nostro paese: “nel 2019, la spesa dello Stato per la tutela e la valorizzazione di beni e attività culturali e paesaggistici ammonta a 1,4 miliardi di euro, pari allo 0,23% della spesa pubblica primaria.”
- Abbiamo scarsa fiducia nel futuro, alimentata dalla presenza di un mercato del lavoro poco dinamico e segmentato.
Questi spunti, ben argomentati nel rapporto sopra citato, non fanno altro che dimostrare quanto alcuni degli aspetti che potrebbero distinguerci culturalmente ed economicamente siano sottovalutati o poco considerati dal punto di vista sociale ed economico (gli investimenti pubblici sono un indicatore importante per comprendere le priorità del nostro paese) e questo non fa altro che alimentare una narrazione che lede la nostra fiducia e che ci presenta agli altri come “il paese ultimo in tutto” o “il paese di talento, ma che non si applica”.
Il nostro riscatto, forse.
Ovviamente l’Italia ha già molto da vantare (e in parte ne è consapevole): pensiamo per esempio a tutti i settori del made in Italy che rappresentano il fiore all’occhiello delle nostre esportazioni. Questo però non ha mai fatto la differenza in termini di percezione della fiducia nell’economia Italiana e nelle potenzialità del nostro paese.
Eppure negli ultimi mesi qualcosa sta cambiando, come se ci stessimo approcciando ad una sorta di riscatto: l’arrivo dei vaccini, le diffuse riaperture, il riconoscimento da parte di paesi stranieri di successi e di talenti “made in Italy” nel mondo della musica, dello sport, ma anche della politica e dell’economia (non arriva a caso l’invito di Jamie Dimon, presidente e ceo di J. P. Morgan ad investire nel nostro paese) stanno diffondendo un clima di fiducia rispetto alle nostre capacità e alle nostre risorse.
In molti stanno commentando come il successo della nazionale agli europei2020 abbia avuto un impatto sul nostro paese sotto questo punto di vista. Io ho seguito la partita e da non appassionato devo ammettere che il calcio ha regalato all’Italia uno straordinario momento di aggregazione facendoci sentire, come poche volte prima d’ora, uniti nelle nostre diversità e fiduciosi nella nostra nazione. Ma quanto saremo in grado di utilizzare questo senso di fiducia per dare forza ad un cambiamento strutturale che ci possa far prosperare come paese?
Dobbiamo fare molto di più: “le radici devono avere fiducia nei fiori”
Sotto questo punto di vista credo che ci sia ancora tanta strada da fare: sempre osservando il BES sono ancora tanti i fattori che emergono e contribuiscono ad avere una visione negativa dell’Italia: il basso livello di laureati se comparato a quello della media Europea, il dato preoccupante del fenomeno dei NEET che interessa ben il 23,9% di giovani (dati aggiornati al secondo trimestre 2020), il divario gender in termini di partecipazione ai ruoli apicali delle società e nel mondo delle istituzioni, la crescita della povertà causata dalla pandemia.
Sono davvero tante, dunque, le battaglie che ci aspettano e sulle quali ognuno con le proprie competenze deve fare sentire la propria voce. La fiducia nel nostro paese, adesso che sembra essere meno scarsa, può solo farci bene ma dobbiamo avere la capacità di costruire un cambiamento vero che possa farci prosperare.
Abbiamo tutte le risorse necessarie, crediamoci e agiamo.
Per approfondire:
https://www.nytimes.com/2021/04/19/well/mind/covid-mental-health-languishing.html
https://www.istat.it/it/files//2021/03/BES_2020.pdf
https://24plus.ilsole24ore.com/art/jamie-dimon-jp-morgan-perche-e-momento-d-investire-italia-AEYtYfU
https://www.lagallerianazionale.com/public/blog/le-radici-devono-avere-fiducia-nei-fiori
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