Ognuno di noi ha sentito parlare almeno una volta nella vita di “fuga di cervelli”, un’espressione con cui si indica l’emigrazione di individui, soprattutto giovani, laureati e ad alta specializzazione professionale, verso Paesi stranieri. In inglese si parla di “human capital flight”, un termine che rimanda al concetto di fuga dei capitali, cioè la fuoriuscita di capitali, denaro e attività da un Paese, a fronte di eventi che spingono gli investitori a un disinvestimento economico da ambienti poco favorevoli. Il fenomeno della fuga di cervelli riguarda il capitale umano, ma il ragionamento alla base è lo stesso: l’emigrazione avviene verso Paesi esteri dove si ritiene che le proprie competenze vengano maggiormente riconosciute e valorizzate, a fronte di un mercato del lavoro nazionale statico e poco ospitale.
La fuga di cervelli riguarda fortemente il nostro Paese: l’Italia da ormai diversi anni fatica a trattenere i propri talenti, formatisi in scuole e istituzioni italiane e su cui gli stessi giovani talenti investono come contribuenti, per poi decidere di lasciare la madrepatria. Secondo un rapporto della fondazione Migrantes, in dieci anni il numero di espatri italiani è triplicato, passando da 39.000 nel 2008 a 117.000 nel 2018. Sono numeri che parlano chiaro: molti giovani italiani non vedono un futuro nel proprio Paese. La conseguenza di questo esodo è un rallentamento generale del progresso culturale, tecnologico ed economico nazionale.
Per scongiurare nuove diaspore di cervelli italiani e sostenere e rilanciare l’occupazione giovanile sono state prese alcune iniziative; nella nuova legge di bilancio sono state inserite una serie di misure volte a creare incentivi che trattengano i talenti italiani, integrate a provvedimenti messi in atto da anni per promuovere l’assunzione dei giovani nel territorio nazionale. Alcuni di questi sono:
- Bonus per giovani eccellenze: sgravio contributivo del 100% per i datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato giovani con laurea magistrale a pieni voti o con dottorato di ricerca, introdotto con la legge di bilancio del 2019.
- GOL: la legge di bilancio 2021 ha disposto 233 milioni di euro per l’istituzione del programma nazionale Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori per favorire l’inserimento nel mondo del lavoro dei disoccupati, dei lavoratori in cassa integrazione e dei percettori del Reddito di cittadinanza.
- IO lavoro: incentivo per le assunzioni nelle imprese private di soggetti disoccupati tra i 16 e i 24 anni, con contratto a tempo indeterminato o apprendistato, istituito con delibera numero 52 del 2020.
- Agevolazioni per il rientro dei cervelli: beneficio fiscale per chi torna in Italia dopo almeno due anni di studio o lavoro all’estero. Consiste nel pagamento delle tasse solo sul 30% dei redditi percepiti per 5 anni (con ulteriori agevolazioni per chi compra casa o si trasferisce al Sud).
Non tutti gli italiani sono a conoscenza dell’esistenza di queste misure e raccontarle può essere il primo passo per fermare la fuga dei talenti. A tal proposito, secondo i dati rilevati dal Ministero degli Esteri, durante la prima fase dell’emergenza pandemica c’è stata un’inversione di rotta: il numero dei giovani tra i 18 e i 34 anni rientrati in Italia dall’estero è aumentato del 20% rispetto al 2019. I motivi alla base di questa tendenza emergono da una ricerca condotta da PWC su un campione di 1000 talenti italiani emigrati all’estero: tra questi troviamo il cambiamento degli stili di vita, dei percorsi professionali e delle priorità dei giovani italiani, che se in passato sarebbero tornati in patria solo a fronte di un impiego più remunerativo, ad oggi sono mossi dagli affetti e da una ritrovata voglia di riconciliarsi con il proprio Paese.
Ma l’Italia fa davvero abbastanza per trattenere i suoi giovani talenti in patria? È normale che ci sia il bisogno di incentivi per assumere giovani, quando questi dovrebbero rappresentare l’investimento più ovvio e naturale per un Paese e per imprese che vogliano crescere e rimanere competitive? Personalmente, come giovane studentessa italiana, non ho affatto la sensazione che noi studenti veniamo visti come una risorsa e trovo desolante il fatto che da quando è iniziata la pandemia non si sia mai parlato di università, nonostante noi universitari rappresentiamo il futuro più immediato del Paese e nonostante gli scarsi investimenti per la ricerca accademica siano proprio uno dei motivi principali dell’esodo dei cervelli italiani. Concludo il mio articolo riportando un dato che può rappresentare un importante spunto di riflessione: secondo Eurostat, per ogni euro speso in università, l’Italia ne spende 44 in pensioni. Forse è giunto il momento di effettuare un cambio di rotta, di rivoluzionare il mondo dell’istruzione e del lavoro: finché i giovani continueranno a essere collocati all’ultimo posto nella lista delle priorità, le eccellenze italiane non saranno mai davvero stimolate a rimanere in un Paese che non le apprezza.
Bibliografia:
Incentivi all’occupazione. (24 febbraio 2021). Documentazione parlamentare – Camera dei deputati.
https://temi.camera.it/leg18/temi/tl18_incentivi_all_occupazione.html
Nel 2020 i giovani rientrati in Italia dall’estero sono aumentati del 20%. (24 marzo 2021). @will_ita
https://www.instagram.com/p/CMzZtjyl0v3/?igshid=19nyfrcsmkgco
F. Pavano. Fuga di cervelli: l’Italia non è un Paese per giovani? (23 giugno 2020). Orizzonti politici.
https://www.orizzontipolitici.it/giovani-fuga-di-cervelli/
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