Mascherine al centro di traffici, inchieste e fantasie tra furbetti, polemiche e feticisti

I no-mask affermano come la mascherina possa limitare il flusso di ossigeno al cervello provocando gravi danni. Del movimento no-mask si è parlato molto anche se oggi sembra superato e la mascherina è diventata, a più di un anno dai casi di Codogno, una consuetudine come augurato da Zingaretti persino un oggetto di tendenza. Comunque sia, i no-mask avevano ragione: queste mascherine – a volte – danno alla testa.

L’editoriale di questa settimana vuole affrontare un tema trito e ritrito cercando di comporre un’agile rassegna stampa con al centro le mascherine facciali. Un oggetto all’apparenza assai noioso ma che nasconde intrighi internazionali e storie scabrose, tra danaro, fashion e fetish.

La notizia in prima pagina è senza dubbio lo scandalo legato agli appalti sulle ormai divenute famose come “mascherine cinesi.” Sono finite sotto accusa, come riportato da Open, quattro società e otto persone con accuse relative a riciclaggio e traffico di influenze illecite. Sembra proprio che come intermediari nella maxi operazione di acquisto di dispositivi medici dalla Cina ci fosse un sistema non autorizzato: «Un comitato d’affari, un gruppo di freelance improvvisati desiderosi di speculare sull’epidemia» lo definiscono i pm coinvolti. Se queste accuse risultassero essere confermate a processo, saremmo di fronte ad un’ulteriore sconfitta per l’Italia sempre più terra dei furbetti del quartierino anche se si tratta, in questo caso, di affidamenti da 1.25 miliardi di euro, ergo un quartierino grande quanto l’Eurasia con budget da multinazionale.

Sempre seguendo le orme di coloro ai quali le mascherine hanno dato alla testa, arriviamo nella provincia di Pisa dove, come riportato da La Stampa, c’è stato un maxi sequestro di 3.500 metri di tessuto, macchinari per il confezionamento, 450mila mascherine e 200 mila certificazioni di conformità. Il sequestro è avvenuto ai danni di una società di Valdera che ha fatturato oltre 300mila euro nel corso del 2020 vendendo, talvolta anche ad enti pubblici, prodotti non conformi con certificati falsi.

L’altra vicenda alla quale volevo accennare, forse più complessa e dalle sfumature meno nitide, è quella legata al noto brand U-Mask. Come anche riportato in un ottimo articolo di Wired, non sappiamo se ci troviamo di fronte ad una geniale scoperta, un’enorme truffa o una semplice mascherina dal bel design. Nonostante una campagna di comunicazione incentrata sulla sicurezza ed efficacia superiore, emerge che la tecnologia alla base della mascherina non sia mai stata effettivamente provata, non esistono infatti brevetti registrati o paper che diano un riscontro definitivo. È Striscia la Notizia a puntare il riflettore contro la U-Earth Biotech con una serie di servizi incentrati sullo smascheramento della “Mascherina dei Vip.” A questo si aggiunge l’antitrust che ha avviato un processo per pubblicità ingannevole e il Ministero della Salute che ne dispone il ritiro per irregolarità nelle procedure di autorizzazione: la tempesta perfetta. Tutto resta ancora aperto e comunque vada, resto tranquillo per due motivi: il primo è che non ho speso 33 euro per comprare una Model Two, che spopola al centro di Milano, e il secondo è che si parla di scienza e dati, la verità verrà a galla e se la U-Mask risulterà essere efficace come ha promesso, beh, forse 33 euro non sono poi così tanti.

Chiudiamo questo strano giro con un risvolto piccante degno de La Zanzara di Radio 24. Mi riferisco al mercato in grande espansione di mascherine ricavate da coppe di reggiseno e mascherine all’aroma di vulva. Si tratta chiaramente di prodotti confezionati e distribuiti per persone che vogliono cercare di rendere l’imposizione ad adottare sistemi di protezione un qualche tipo di piacere. La mascherina a coppa di reggiseno con tanto di ricami e in più colori, è prodotta e distribuita dalla giapponese Atsumi Fashion e, come riportato da Commenti Memorabili, è attualmente sold out (mi dispiace). La mascherina “profumata”, che Vice chiama “Pussy-Scented”, è un prodotto pensato per il fetish che costituisce “un dirty little secret” da portare pubblicamente alle riunioni in ufficio. Può arrivare a costare 250 dollari ma, viste le vendite agli appassionati, devono essere soldi ben spesi.

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