Lo Smart Working o Lavoro Agile, cos’è? Quasi sempre – confessiamolo – non sembrerebbe esserci niente di “smart” nel nostro modo di lavorare da casa.
Mettendo da parte facili ironie e l’elevato carico di stress che ci porta ad avere delle strane reazioni allergiche tutte le volte che lo si nomina, che cosa dovrebbe essere lo Smart Working? Partiamo dalla definizione fornita dall’Osservatorio sullo Smart Working – sì, esiste veramente ed è nato nel 2012 – del Politecnico di Milano:
“Lo Smart Working, o Lavoro Agile, è una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Un nuovo approccio al modo di lavorare e collaborare all’interno di un’azienda che si basa su quattro pilastri fondamentali: revisione della cultura organizzativa, flessibilità rispetto a orari e luoghi di lavoro, dotazione tecnologica e spazi fisici.”
Volendo fare due riflessioni su questa descrizione, partiamo dal concetto di filosofia manageriale. È importante collegare questa definizione al fatto che l’Osservatorio sia stato fondato nell’ormai lontano 2012, ossia quando sì, fissavamo tutti con ansia il calendario Maya, ma no, non è stato un 2020. Possiamo dunque distinguere chiaramente il lavoro da casa per necessità pandemica dallo Smart Working: quest’ultimo è infatti nato per essere una scelta manageriale figlia di una filosofia sulla quale è forse meritevole spendere un paio di riflessioni.
La filosofia manageriale in questione è espressione di un nuovo modo di organizzare il lavoro aziendale. Possiamo teorizzare, semplificando, che si tratti di una scelta organizzativa tipica delle organizzazioni cosiddette “snelle” che hanno dimostrato una maggior capacità adattiva a mercati in rapido mutamento rispetto ad organizzazioni tradizionali a piramide di Cheope. Pensiamo all’impatto negativo che può avere la burocratizzazione nel decision making di un’azienda alle prese con frequenti micro e macro decisioni in un contesto in cui la reattività è essenziale. Ecco che all’interno delle organizzazioni si moltiplicano i “team di lavoro” e si inizia a dare del “tu” ai superiori in un’ottica di scambio informativo agevolato, con anche l’innesto di un numero sempre maggiore di figure dalle competenze trasversali in grado di adattarsi ad ogni evenienza.
L’effetto sul singolo lavoratore dipendente è un incremento della responsabilizzazione in ogni mansione per assecondare una visione manageriale volta al problem solving legato ad obiettivi specifici piuttosto che vincolato all’orario di lavoro e alla pura produttività aziendale. Non basta più, anzi non è più quasi richiesto, mantenere un orario di lavoro fisso, quello che importa è raggiungere obiettivi specifici, il come e il quando diventano secondari. Questa continua ricerca di adattabilità e flessibilità – anche resilienza o antifragilità a seconda della scuola di pensiero – del business richiede anche forse contratti di lavoro più volatili e dunque lo sviluppo della gig economy. È un argomento vasto e articolato ma questa filosofia manageriale espressa dallo smart working altro non è, a parer mio, che una forma di “imprenditorializzazione” del dipendente.
Pensiamoci un attimo riflettendo sulle parole della definizione: “restituzione di flessibilità e autonomia nella scelta… a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”. Non parliamo più dunque dell’impiegato di fantozziana memoria che attende lo scoccare delle 17 per scappare dall’ufficio, ma dell’imprenditore che, se necessario, dorme sul posto di lavoro per portare a termine il suo obiettivo.
Si tratta di una modalità di lavoro certamente più stimolante, ma il peso delle responsabilità deve sempre essere considerato. La flessibilità di orario, che costringe i team ad un continuo coordinamento può essere causa di tensioni e stress, ma allo stesso tempo questa possibilità può anche essere una fonte di serenità, dando la possibilità ad ogni persona di scegliere la propria strada e la propria carriera ogni giorno e incrementando quella che è la coscienza di ciascuno di noi sul proprio ruolo nella società sempre più connessa e globalizzata. Insomma, oggi e domani, più che mai, abbiamo il futuro nelle nostre mani e possiamo, in ogni situazione, decidere quale strada percorrere ma sempre assumendocene le responsabilità, come un vero imprenditore.
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