La nostra penisola nel 2019 risultava il quarto paese più visitato al mondo, arrivando a contare 217 milioni di turisti in un solo anno.
Non è certo una novità che all’estero tutti abbiano un occhio di riguardo per il nostro paese: possiamo vantare bellezze inestimabili ovunque si vada, il nostro cibo è senza ombra di dubbio il migliore al mondo (non ce ne vogliano i cugini francesi, hanno perso anche in questo campo), senza contare che noi italiani abbiamo fascino, sappiamo come goderci la vita, siamo accoglienti e molto caldi con chiunque, insomma ci sappiamo proprio fare.
Sotto il punto di vista economico, le meraviglie del nostro territorio sono puro ossigeno: secondo la Banca d’Italia nel 2018 il settore turistico ha generato più del 13% del PIL nazionale, fornendo occupazione al 6% degli italiani ossia circa 1,3 milioni di persone.
Siamo tutti al corrente di quanto siano stati devastanti gli ultimi due anni per il turismo. Il volume di affari è calato drasticamente con l’avvento del COVID-19 causando un danno enorme all’economia del paese. Basti pensare che la crisi è costata 28 miliardi di euro e, nell’ultimo anno, 1 italiano su 4 ha perso il lavoro nel settore turistico. A farne le più grandi spese sono state le donne: 183 mila hanno perso la loro occupazione.
Ma non per questo motivo ci dobbiamo abbattere, la ripresa è possibile e i prossimi mesi saranno decisivi per decretarne la rapidità. A seguito della campagna vaccinale, l’Europa (finalmente unita) ha adottato misure veloci e comode per tornare alla normalità nel più breve tempo possibile. In particolar modo, il green pass può davvero essere un toccasana per tornare a far muovere le masse tra i paesi dell’Unione.
Il premier Mario Draghi è convinto che far ripartire il turismo in Italia sia una vera e propria priorità tanto da dichiarare al G20 che “il mondo vuole viaggiare in Italia e l’Italia è pronta a ridare il benvenuto al mondo”.
Ma al di là del green pass e dei buoni propositi, l’Italia è veramente pronta per accogliere nuovamente milioni e milioni di persone?
Se consideriamo lo splendido lavoro fatto per organizzare la campagna vaccinale parrebbe proprio di sì. Al momento, infatti, possiamo vantare una percentuale di vaccinati maggiore di molte potenze europee quali Germania e Francia inoltre è stato tolto l’obbligo di indossare la mascherina all’aperto. Quest’ultimo è un altro fattore da non sottovalutare assolutamente soprattutto perché è un grande segnale che le cose non stanno andando poi così male e che quindi la possibilità di contagiarsi (perlomeno all’aperto) è molto ridotta.
Tuttavia, nei prossimi giorni ci sarà da prendere una decisione molto importante ma, allo stesso tempo, molto delicata per le sorti del turismo italiano: la riapertura delle discoteche.
L’Italia, oltre ad essere tra le principali mete turistiche mondiali per le città, i centri storici tradizionali e le spiagge, è senza dubbio meta per tanti, tantissimi giovani che ogni anno occupano alcune delle nostre riviere più vive e movimentate come quella romagnola, la zona del Salento e la splendida Sardegna. In particolare, nei posti sopracitati la decisione finale sulle discoteche è cruciale.
Già nelle ultime settimane, è stata concessa maggiore libertà a bar e pub con la possibilità di accogliere un maggior numero di persone anche all’interno delle strutture.
Ora, volessimo affrontare la domanda “riapriamo o no?” guardando agli errori commessi nell’ultimo anno nel quale le riaperture estive del 2020, con il “liberi tutti”, costarono un’impennata dei contagi a fine agosto e inizio settembre e compromisero parecchio la situazione nei mesi a seguire rifacendoci cadere in un quasi—lockdown, forse la risposta sarebbe: “No alla riapertura delle discoteche e a tutte queste misure distensive, la libertà è un traguardo irraggiungibile oggi e non possiamo permettercela”. Questa è sicuramente una voce difficile da ignorare ma, d’altra parte, ciò che non possiamo assolutamente permetterci è di lasciare indietro quelle attività che contano sui turisti della movida e che, con un effetto domino, finiscono per colpire i settori della ristorazione, degli alberghi, dei trasporti e di tanti altri.
Siamo giunti a luglio, il tempo residuo per le decisioni difficili è pochissimo e la clessidra che conta i giorni per l’entrata nel vivo della stagione estiva è ormai agli ultimi granelli di sabbia.
Qualsiasi cosa succeda, l’Italia è unita, ce la farà.
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